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Siamo tutti in viaggio – Quando gli emigranti eravamo noi italiani

27/02/2020

Articolo tratto dal numero di gennaio del periodico Frate Indovino
 
Non sono gli uomini a migrare, è la speranza. Dovremmo dar colpa a lei se ci ritroviamo con un problema che è sulla bocca di tutti, ma che tante parole non riescono a risolvere. Fermare le migrazioni umane è impossibile, così come sarebbe assurdo pretendere di fermare gli stormi di uccelli in partenza verso luoghi più caldi. Chi cerca la sopravvivenza non può essere ferrato, chi cerca la libertà non può essere fermato, chi cerca un futuro migliore per i propri figli non può essere fermato. 


Migranti a Ellis Island, 1982

In questo "chi" ci siamo tutti noi, che facciamo fatica ad immaginarci su un barcone; eppure saremmo là, stremati e impauriti, se le condizioni in Italia fossero come lo sono oggi in Africa, o in India, o altrove. Già l'abbiamo fatto in passato, ma ne abbiamo perso la memoria. Sapevate che tra il 1861 e il 1985 dall'Italia sono partiti quasi 30 milioni di emigranti? La maggioranza, oltre 14 milioni, partì nei decenni successivi all'Unità d'ltalia, durante la cosiddetta "grande emigrazione" (1876-1915). Di questi quasi un terzo aveva come destinazione dei sogni il Nord America, affamato di manodopera. New York e gli Stati Lìniti le destinazioni più gettonate. Ma non le uniche. Si emigrò anche in Sud America, Argentina e Uruguay soprattutto. Si scappava dalla povertà. Nella storia di tante nostre famiglie c'è un emigrato, che ha affrontato un lungo viaggio, che ha subito discriminazioni, che ha trovato solidarietà. 

La solidarietà. Una parola chiave. Il filosofo polacco Zygmunt Bauman, più volte esule, costretto nel 1939 a migrare dalla Polonia alla Russia perché ebreo, disse a proposito degli immigrati: «Siamo ostaggi del nostro benessere; per questo i migranti ci fanno paura», e ancora «anche se il prezzo dei sacrifici che pagheremo sarà molto alto, la solidarietà è l'unica strada per arginare i futuri disastri». Si può essere solidali senza essere amici, senza nemmeno conoscersi e, in realtà, senza nemmeno aiutarsi. La solidarietà dovrebbe diventare la luce di tutti i nostri quadri. Significa rivoluzionare quell'idea secondo cui noi veniamo prima.

Di chi? E perché? Siamo tutti uomini, e anche molto più simili di quanto crediamo (o ci fanno credere). Ci siamo meritati il nostro benessere? Diciamo che abbiamo fatto fruttare una pianta che abbiamo trovato su un terreno fertile e in un clima favorevole. Che ne sarebbe stato di noi se fossimo nati altrove? Forse avremmo fatto salire tutte le nostre speranze su quel barcone. Solidarietà è un modo di pensare prima di tutto; per alcuni diventa anche un modo di vivere.